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Colombia, ha perso la pace? No, ha vinto la democrazia

img-_innerart-_colombia2Contro ogni previsione, i colombiani hanno respinto l’accordo di pace tra il gruppo guerrigliero Farc e il governo di Juan Manuel Santos. Domenica 02 ottobre il plebiscito ha parlato: con il 99,98% dei seggi scrutati, il “NO” ha raggiunto il 50,21% dei voti, mentre il “SI” il 49,78%. Un risultato a sorpresa che va valutato con cautela e dentro il giusto contesto.

di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

297 pagine contengono l’accordo che è stato rifiutato dai colombiani. Il 26 settembre era stato firmato in una cerimonia a Cartagena de Indias. La sovraesposizione dell’evento e la presenza della platea internazionale, inclusi 15 capi di Stato dell’America Latina e la Segretaria di Stato della Santa Sede, parevano rendere scontata la vittoria del “SI”. L’obiettivo dello “show mediatico” era “mascherare le debolezze dell’accordo”, tentando di blindare il “SI” di fronte all’opinione pubblica. Questo secondo quanto dichiarato in un’intervista dal senatore di opposizione Fernando Araujo.

Ma il rifiuto degli accordi non significa che i colombiani vogliono la guerra. “Tutti vogliamo la pace, nessuno vuole la violenza”, ha esortato l’ex presidente e senatore Alvaro Uribe. Il principale difensore del “NO” ha ribadito che non si oppone a un accordo di pace. Serve però, piuttosto, rivedere i negoziati con le Farc e fare delle correzioni per garantire il «rispetto della Costituzione, nessuna sostituzione; giustizia, non l’abrogazione delle istituzioni; e il pluralismo politico non può essere percepito come una ricompensa al crimine”. Ha infine sottolineato alla comunità internazionale che «vorremmo contribuire ad un accordo nazionale, che siano ascoltate le nostre ragioni”.

Ne deriva una domanda, perché ha vinto il “NO”? Secondo il portale colombiano lasillavacia.com, “una prima conclusione è che c’è un profondo rifiuto e sfiducia verso le Farc. È così profondo che sono state fatte tante manovre per riuscire a far passare gli accordi: lo show a L’Avana e Cartagena, l’uso della platea internazionale e il condizionamento della visita del Papa alla vittoria del Sì”.

Ci sono sufficienti motivi per non avere fiducia nelle Farc: oltre a 13mila vittime delle mine, 21.900 vittime di rapimenti; più di 3.500 bambini reclutati, decine di villaggi distrutti, oleodotti bombardati, più di 30 mila contadini espropriati, e 220 mila colombiani hanno perso la vita tra il 1958 e il 2013, secondo il rapportoMemoria storica. Il presidente della Federazione Nazionale delle Vittime delle Farc, Herbin Hoyos ha dichiarato in un’intervista su NTN24 TV che durante i negoziati a L’Avana, “il governo ha lasciato da parte le vittime, che sono il gruppo più sensibile in questo conflitto”.

Serviva la sconfitta per arrivare all’inclusione. Dopo la minaccia di una “guerra urbana” se vinceva il “NO” e l’insistenza sul fatto che gli accordi erano immodificabili, il presidente Santos ha richiamato finalmente l’opposizione al dialogo, nel tentativo di salvare i quattro anni di trattative con i guerriglieri. Santos ha dato la notizia dopo un incontro con tutti i partiti politici. Ora si apre un periodo “per sedersi a parlare e portare a compimento il processo di pace”, ha auspicato il presidente.

Così è stata costituita una commissione per il dialogo tra il governo e l’opposizione. Santos ha scelto il ministro degli Esteri Maria Angela Holguin, il ministro della Difesa Luis Carlos Villegas e ha riconfermato il capo negoziatore degli accordi Humberto de la Calle. L’opposizione invece sarà rappresentata da Óscar Iván Zuluaga, che era un rivale di Santos nelle elezioni presidenziali del 2014, il suo compagno nella corsa alla vicepresidenza Carlos Holmes Trujillo e il senatore Ivan Duque, una delle nuove figure pro Uribe. Già in partenza ci sono 68 osservazioni che Alvaro Uribe ha sostenuto sin dall’inizio della campagna per il “NO” e che secondo lui non sono state mai prese in considerazione.

È arrivata anche la benedizione di Mons. Luis Augusto Castro Quiroga, presidente della Conferenza Episcopale Colombiana: “Si fa appello al dialogo. Un dialogo sereno, un dialogo positivo, un dialogo di tutte le forze… Dal dialogo è possibile ottenere qualcosa di molto buono, come una serie di contributi per riformare l’accordo e tornare di nuovo a lavorare sul processo di pace”, ha detto.

In conclusione, in Colombia ha vinto la democrazia. La volontà popolare ha parlato e ora il governo dovrà proseguire nell’impegno per la pace. Tanti giornali avevano titolato “Colombia ha detto no alla pace”, invece all’interno del Paese si apre l’idea che sia necessario riconfigurare gli accordi per raggiungere nuovi punti di convergenza. Ma rimangono due incognite: la prima è l’accettazione, da parte delle Farc, di nuovi negoziati con una sincera intenzione di pace. La seconda è la visita del Papa che, sull’aereo di ritorno dalla Georgia l’ha dichiarata possibile solo “quando tutto sarà blindato, se vince il plebiscito, quando tutto sarà sicuro e non si potrà tornare indietro”.

“Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”. Da ricordare le parole del Santo Padre Giovanni Paolo II, per la celebrazione della XXXV Giornata Mondiale della Pace, il 1° gennaio 2012. Parole Sante!

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