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La tragedia dei colombiani in Venezuela

img-_innerArt-_colombiani_fuga2Immagini drammatiche arrivano dalla frontiera tra il Venezuela e la Colombia: famiglie separate, case abbattute, tante lacrime e tanto dolore. Più di un migliaio di colombiani è stato espulso dal Venezuela, dopo la decisione del presidente Nicolas Maduro di chiudere la frontiera con la Colombia, il giovedì 20 agosto, e di decretare lo stato d’emergenza di 60 giorni in 6 comuni ubicati al confine con la Colombia (Bolivar, Pedro Maria Ureña, Junín, Capacho Nuevo, Capacho Viejo e Rafael Urdaneta). La misura è stata annunciata dopo un attacco accaduto (il giorno prima), contro i militari venezuelani alla frontiera, concluso col ferimento di tre soldati e un civile.

di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

La decisione di Maduro ha creato una crisi umanitaria senza precedenti alla frontiera colombiano-venezuelana. Sui media girano tante storie di coppie separate, bambini che sono rimasti con il padre venezuelano, con qualche parente o un vicino di casa. Costretti a una tragica fuga, i colombiani hanno dovuto buttare via anni di lavoro e di sforzi, per lasciare la terra venezuelana senza quasi niente addosso. Il ministro dell’Interno della Colombia, Juan Fernando Cristo, ha affermato che una trentina di bambini sono rimasti in Venezuela, senza i loro genitori colombiani.

Il reato contestato agli espulsi? Avere la cittadinanza colombiana. “La mia tragedia è iniziata quando ho detto che ero colombiano”, racconta uno degli espulsi a una tv colombiana. Cecilia Surmay, un’altra colombiana che abitava in Venezuela da 10 anni, ha denunciato alla testata El Tiempo che decine di uomini armati sono arrivati a casa sua sabato scorso, alle 6 del mattino: “ci hanno perquisito ovunque e dopo, senza dire una parola, ci hanno buttato via come delinquenti”, afferma Surmay. Così anche Juan Carlos (non ha voluto dire il suo cognome), ha raccontato di essere stato fermato a San Cristobal (Venezuela), ma è riuscito a scappare, a ricongiungersi con la sua compagna venezuelana e ad attraversare assieme a lei il fiume che divide i due paesi, solo con tutta la sua vita in uno zaino. Adesso la copia colombo-venezuelana si trova in un rifugio e per ora Juan Carlos non sa quando potrà rivedere i suoi figli che sono rimasti in Venezuela con l’ex moglie.

Le case dei colombiani vengono marcate come facevano i nazisti. Gli espulsi raccontano come i militari venezuelani abbiano effettuato la perquisizione delle loro case, evocando le persecuzioni naziste contro gli ebrei: con la scritta di una “D” di “demolire”, i militari hanno segnalato le case dei colombiani, per poi procedere al loro abbattimento senza dare alcuna spiegazione, né avere alcun mandato giudiziale. Oltre alle persone deportate, altri 1.500 colombiani hanno deciso di andarsene volontariamente dopo l’azione violenta del braccio armato di Nicolas Maduro.

Così arriva anche la sfida lanciata contro il governo colombiano. “La frontiera con la Colombia è marcia”, sono state le parole di Maduro, in diretta televisiva nazionale, per giustificare l’azione violenta dei militari venezuelani. L’erede di Hugo Chavez ha insistito che il suo paese è vittima di un’aggressione paramilitare, comandata dall’ex presidente colombiano Alvaro Uribe, che “vuole eliminare la rivoluzione bolivariana”. “Siamo vittime del modello capitalista, paramilitare della destra colombiana”, ha dichiarato il presidente del Venezuela per poi imputare al governo della Colombia la crisi economica e la criminalità sofferte dal popolo venezuelano.

Intanto il governo di Juan Manuel Santos è in emergenza. Due centri sportivi e quattro centri sociali di Cucuta e di Villa del Rosario sono stati adibiti all’accoglienza dei rifugiati. Il capo dell’Unità Nazionale dei Disastri della Colombia, Carlos Ivan Marquez, ha dichiarato all’Associated Press di aver ospitato circa 608 rifugiati. Ma chi sono i deportati? Fonti ufficiali hanno confermato che 1.118 colombiani, tra cui circa di 240 minori, sono stati trasferiti forzatamente dall’esercito venezuelano poiché erano privi di documenti.

Venezuela, la chiusura del confine colombiano

La domanda: sarà vera la lotta al contrabbando? L’oppositrice Laidy Gomez, ha spiegato che gli espulsi fossero abitanti della zona “Ezequiel Zamora” (stato Tachira), un settore in cui vivevano da dodici anni con il pieno consenso del governo locale, comandato dal chavista Ronald Blanco La Cruz. Dopo dodici anni di vita e radicamento in Venezuela, Maduro ha scoperto “l’acqua calda” e ha mobilitato 17mila militari a presidiare il confine con la Colombia? Forse si tratta di una mossa opportunista, a pochi mesi delle elezioni del 6 dicembre per il rinnovo del Venezuela.

E’ la strategia della distrazione, da ricordare a Chomsky, l’autore di La fabbrica del consenso: “L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti”.

La chiusura temporanea del confine è un diversivo. Nicolas Maduro, infatti, dovrebbe affrontare la prova elettorale parlamentare con un Venezuela sommerso dalla peggiore crisi economica e politica della sua storia: l’inflazione sorpassa il 100%, il taso di omicidi è tra i più alti del mondo e la carenza dei beni di prima necessità è diventata ingestibile (i venezuelani faticano anche a trovare i medicinali e da mangiare).

In nome della lotta al contrabbando, i venezuelani che abitano vicino alla frontiera sono privati dei loro diritti a tempo indefinito. Lo stato di emergenza non permette il libero transito, riunioni, manifestazioni, libertà economica, inviolabilità dell’abitazione e nemmeno la privacy nelle comunicazioni. “Qualcosa c’è dietro”, dice l’ex presidente del Messico Vicente Fox e sottolinea che “il popolo venezuelano sta lottando per la sua libertà e il presidente ha paura dei risultati dell’elezioni al Parlamento. Nicolas Maduro è una vergogna per l’America Latina”.

Ad oggi ci sono 119 denunce formali di violenza e abuso di potere contro i militari venezuelani, per quanto accade al confine con la Colombia. La procura colombiana sta raccogliendo tutte le prove per portare il governo del Venezuela a cospetto della Corte Penale Internazionale. Si sommeranno a tanti altri casi di violazioni di diritti umani e di tortura che il regime di Nicolas Maduro sta accumulando. Prima o poi la giustizia arriverà.

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