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Maduro «recluta» il Papa, ma il paese sta scoppiando

img-_innerart-_maduro_papafrancisco“Papa Francesco benedice il presidente del Venezuela”, è stato lo scoop titolato lo scorso martedì da tanti giornali latinoamericani insieme alla foto di Papa Francesco che faceva il segno della croce sulla fronte del Presidente Nicolas Maduro. Ma nessuno scoop: il pontefice aveva ricevuto il presidente, ma in un “incontro privato” e senza l’abituale foto ufficiale. Invece il ministro della Comunicazione venezuelano, Ernesto Villegas, aveva pubblicato la notizia sul suo twitter con una foto ormai datata (del 17 giugno 2013), ripresa da tutti i media governativi locali come un segnale di approvazione divina a favore del governo comunista.

di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

“Peccato che il Papa non abbia sentito gli insulti di Maduro contro la Chiesa e contro il neo cardinale Baltazar Porras”, ha scritto su twitter il politologo venezuelano Carlos Raul Hernández. Era uno dei tanti tweet di rifiuto che si sono scatenati contro l’incontro a sorpresa tra Bergoglio e Maduro. Per capire cosa accadeva all’interno del Venezuela, la Nuova BQ ha parlato con il politologo Hernández, una voce autorevole del Paese, e ha confermato che il modo in cui si è organizzato l’incontro ha creato un grande disagio su Papa Francesco.

Ma non solo, “ci sono grandi contraddizioni tra il Vaticano e la CEV (Conferenza Episcopale Venezuelana). Un bel giorno l’inviato del Papa (monsignor Emil Paul Tscherrig) ha annunciato l’inizio del dialogo; il giorno dopo la CEV ha detto che era una conversazione, che non era un dialogo. Hanno creato più confusione”, ha spiegato il politologo sottolineando che il dialogo avrebbe potuto essere un’importante soluzione alla crisi politica del Paese, ma “hanno fatto degli errori ed evidentemente c’è un grosso problema di comunicazione tra il Vaticano e la CEV”. Solo leggendo la recente Esortazione della Chiesa locale (del 12 luglio 2016) era facile capire che un incontro a sorpresa con Maduro poteva peggiorare la situazione. Tutto ciò, l’appuntamento del 30 ottobre per iniziare il dialogo non è certo.

Ora lo scontro sembra inevitabile. Da una parte la causa contro Nicolas Maduro, per “colpo di Stato contro la Costituzione” del Parlamento procede, in risposta alla sospensione del Referendum Anti-Maduro. Dall’altra, l’opposizione è scesa in piazza contro il regime: mercoledì scorso è partita una nuova ondata di proteste, oggi il paese sarà fermo in sciopero generale per 12 ore e giovedì 03 novembre è in programma “la grande presa del Venezuela”. Sarà una grossa manifestazione a Caracas che avrà come punto di arrivo il palazzo del governo “Miraflores”, per chiedere la rinuncia all’incarico del Presidente.

E arriva la repressione, anche contro la Chiesa. “È arrivata l’ora di dimostrare coraggio civico, contro il narco-regime militarista di Miraflores”, ha scritto il padre Jose Palmar su Twitter, la mattina prima di partecipare alla manifestazione di mercoledì 26. Lunedì si era pure dichiarato in “ribellione clericale” contro il Santo Padre, per il tentativo di dialogo promosso dal Vaticano. Oggi è uno dei 200 feriti per l’azione violenta del regime durante l’ultima settimana: il sacerdote è stato brutalmente picchiato da sostenitori del governo a Maracaibo. Inoltre, l’Ong “Foro Penal Venezolano” ha conteggiato 208 arresti nella sola giornata di mercoledì e il Sindacato Nazionale dei Lavoratori della Stampa ha denunciato l’espulsione del corrispondente di ABC News, Matt Gutman.

Ecco il dialogo che propone Maduro: «Non permetteremo nessun tipo di colpo di stato parlamentare», ha avvertito il presidente ribadendo che “il Venezuela non è il Brasile!”. Da ricordare che l’8 aprile scorso aveva minacciato di chiudere il Parlamento. Una mossa che sarebbe stata legalmente inappropriata ma non impossibile in una autocrazia. Detto, fatto: ieri il deputato “chavista” Hector Rodriguez, ha presentato alla Corte Suprema di Giustizia (controllato da Maduro), una mozione per annullare il Parlamento; secondo lui si deve valutare l’illegittimità di tutti gli atti del sovrano potere legislativo. E poi l’annuncio inaspettato: aumento dello stipendio medio della popolazione del 40% dal 1 novembre.

Purtroppo la bomba ad orologeria sta per scoppiare. Oggi il Venezuela si ferma con lo sciopero generale per urlare in silenzio tutta l’angoscia nei confronti di una situazione che è andata via via peggiorando. La tensione ha raggiunto livelli pericolosi, non si può nemmeno scendere in piazza pacificamente. Il Venezuela è il paese dell’assurdo, dove tutto succede e allo stesso tempo tutto rimane immutato. E forse non tanto per assurdo anche il popolo venezuelano ha perso la speranza nella Provvidenza divina.

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