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Maduro sconfitto il Sud America vuole cambiare

img-_innerArt-_maracaibo_mudColpo forte contro il “chavismo” in Venezuela. Per la prima volta in 16 anni l’opposizione riesce a prendere più della metà dei seggi in Parlamento: la coalizione d’opposizione, la MUD, secondo un conteggio non ancora completo (96,03% delle schede contate), ha conquistato almeno 99 dei 167 seggi dell’Assemblea Nazionale. Una dura sconfitta per il presidente Nicolas Maduro, l’erede di Hugo Chávez, che adesso si trova a capo di un governo con un partito di minoranza, il PSUV, alla guida di un paese al rischio del default economico.

di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

La valanga di voti ottenuta ha superato gli scenari più ottimistici del gruppo “anti-chavista”: dopo il primo comunicato ufficiale della Commissione Elettorale Nazionale (CNE), la MUD ha fatto le sue proiezioni e ha affermato, in conferenza stampa, di aver ottenuto circa il 70% dei voti. Significa che l’opposizione si è già assicurata la maggioranza al Parlamento e potrebbe arrivare a circa 111 dei 167 deputati, con una partecipazione del 74,25% dei votanti. Un caso atipico in un’elezione parlamentare in Venezuela.

Cosa può fare l’opposizione con la nuova Assemblea Nazionale? Dal 5 gennaio 2016, data di inizio dei lavori del nuovo parlamento, la MUD potrà imporre controlli al governo di Nicolas Maduro e aprire contro di lui un procedimento giudiziario. Se la MUD dovese superare i 100 seggi (maggioranza assoluta), potrebbe nominare nuovi rappresentanti dei poteri pubblici, togliendo così il controllo assoluto ostentato dal regime “chavista” per oltre un decennio; potrebbe inoltre destituire il vice-presidente, rimuovere i ministri, convocare una consultazione popolare per decidere se il presidente dovrà terminare il suo mandato (altri 3 anni) e cambiare la Costituzione Nazionale.

Maduro minaccia dopo la sconfitta: “Ha vinto la guerra economica, per ora”, queste le parole del presidente durante la trasmissione sulle tv nazionali, parafrasando le parole pronunciate da Hugo Chavez quando fallì il suo colpo di Stato nel 1992. Un atteggiamento di sfida già visibile nei discorsi pre-elettorali che ha spinto all’azione gruppi pro governativi, con attacchi a sei comizi dell’opposizione, con armi da fuoco, arrivando all’uccisione del candidato Luis Manuel Diaz. Malgrado l’intimidazione sofferta dall’opposizione, che ha affrontato una campagna elettorale contro uno Stato che censura e perseguita, il bilancio dei risultati elettorali risulta abbastanza negativo per la continuità del “socialismo del siglo XXI”. Evidentemente la “rivoluzione bolivarista” non può più contare sul supporto delle fasce più povere del paese. E’ crollato un mito. È forse questo il motivo per cui il CNE ritarda ad annunciare il risultato finale, nonostante il voto elettronico consenta di effettuare lo scrutinio in tempo reale.

L’America Latina sta cambiando. Con l’imminente crollo della “rivoluzione bolivarista”, la vittoria alla presidenza dell’imprenditore Mauricio Macri in Argentina e l’avvicinamento di Cuba agli Stati Uniti, la coalizione dei paesi dell’Alba (Cuba, Venezuela, Nicaragua, Ecuador, Bolivia) appare senza timone e allo sbando. La svolta appare ormai inevitabile. In America Latina nascono nuovi scenari: secondo l’ex presidente cileno Sebastian Piñero i paesi dell’ALBA non sono vere democrazie, sono paesi “senza separazione di poteri, senza libertà di parola e di stampa, senza rispetto delle minoranze e di un giusto processo”. L’America Latina sta ricevendo una boccata d’aria fresca e di nuove idee. La nuova sconfitta potrebbe viverla Evo Morales a febbraio 2016, che tenterà di garantire la sua rielezione. Nulla impedirà al sole di sorgere ancora.

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