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Obama e l’assist ai dissidenti in casa di Castro

img-_innerArt-_2016-03-20T185523Z_446093959_GF10000353388_RTRMADP_3_USA-CUBA-DISSIDENTS-kLGC-U1070675355068wOE-1024x576@LaStampa.itDuro colpo di Barack Obama al regime dei Castro: «Il futuro di Cuba deve essere nelle mani del popolo cubano». Sono state le parole in spagnolo che il presidente degli Stati Uniti ha pronunciato durante il suo discorso nel Gran Teatro Alicia Alonso dell’Avana. Parole trasmesse in diretta sulla tv statale cubana (che dall’inizio aveva lasciato poco spazio alla storica visita) e che senza dubbio sono arrivate come un coltello in gola al proprio Raul Castro che osservava di persona l’evento.

di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

L’ultimo giorno a Cuba il Presidente degli Stati Uniti ha abbattuto ogni scetticismo. “I cittadini devono avere libertà”, ha sottolineato Obama ad alta voce aggiungendo: “Tutti dovrebbero avere lo stesso peso di fronte alla legge, i cittadini dovrebbero avere il diritto di dire quello che pensano senza paura, di criticare i loro governi, organizzarsi senza essere arrestati, praticare la loro fede pubblicamente e in pace, oltre a scegliere il loro governo con elezioni democratiche… io penso che questi sono diritti universali”.

Così Obama tenta forse di dare voce alla dissidenza cubana, ma anche a dare sepoltura ai resti della guerra fredda: “Dobbiamo avere il coraggio di accettare che l’embargo ha solo fatto danni al popolo cubano, invece di aiutarlo… Sono venuto a tendere una mano in segno di amicizia al popolo di Cuba”. Un messaggio chiaro alla maggioranza repubblicana del Congresso americano che ha in mano la possibilità della revoca delle sanzioni, dato che l’embargo purtroppo non può essere tolto dalla Casa Bianca.

La pioggia aveva segnato l’arrivo di Barack Obama a Cuba, ma anche l’inizio del disgelo forse “irreversibile” tra Washinton e L’Avana, nonostante le divergenze ancora profonde. E sotto la pioggia cubana le percezioni sono anche contrastanti. Alcuni (i “santeros” cubani, forma religiosa politeista) chiedono alla loro divinità il significato: è un segno di benedizione o di pulizia? Altri, invece, pregano di vedere finalmente sorgere il sole sull’isola dopo la rivoluzione del’59 e il lungo percorso di violazioni dei diritti umani del regime castrista, che ha anestetizzato un intero popolo.

Infatti la conferenza stampa congiunta tra Obama e Castro ha messo in evidenza la dittatura castrista. “Ci sono prigionieri politici a Cuba?”, è stata la domanda che lunedì 21 marzo ha fatto arrabbiare Raul Castro, poco abituato a rendere conto e rispondere ai giornalisti, forse facendo finta di non capire, mentre metteva a posto gli auricolari per sentire meglio la traduzione della domanda. Il mondo ha visto un Castro invecchiato e con poca lucidità per ribadire ad argomenti evidentemente scomodi. Una situazione che non sarebbe stata così evidente senza la presenza di Obama a Cuba.

La Fondazione Nazionale Cubano Americana (FNCA) ha criticato fortemente la dichiarazione pubblica del presidente Raul Castro, che durante la conferenza stampa ha negato l’esistenza di prigionieri politici sull’isola. La FCNCA ha qualificato il suo atteggiamento come una “sfacciataggine” e ha presentato una lista di 47 prigionieri politici chiedendone l’immediato rilascio. “Ci sono prigionieri politici dal primo giorno della Rivoluzione Cubana (1959)”, ha confermato Adolfo Fernandez Sainz, membro della FNCA. Secondo la Commissione Cubana per i Diritti Umani e la Riconciliazione Nazionale (CCDHRN), l’unico gruppo che porta avanti i registri degli incidenti repressivi sull’isola, ci sono 77 prigionieri con sentenza per motivi politici e solo nei primi due mesi di quest’anno si sono registrati almeno 2.555 arresti politici. Evidentemente il regime ha paura e aumenta la repressione per tentare di contenere l’inevitabile transizione.

Intanto l’Italia continua a perdersi in vecchie e scadute discussioni dogmatiche, sottovalutando il pericolo che significa il regime dei Castro. Il dissidente cubano residente a Miami Carlos Alberto Montaner ci allerta sulla testata online 14Ymedio: “L’isola pretende di assistere militarmente i nordcoreani, aiuta i terroristi in Medio Oriente, sostiene il siriano Bashar al-Assad e gli ayatollah iraniani. Inoltre dirige l’orchestra dei paesi del Socialismo del XXI Secolo (Cuba, Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua), tutti decisamente anti-americani e determinati a rilanciare la battaglia che ha lasciato incompiuta l’URSS”.

L’orizzonte è ancora nuvoloso e sicuramente l’interpretazione del viaggio di Obama a Cuba oscilla tra luci e ombre. Ma non può piovere per sempre, nonostante le interpretazioni dei santoni “santeros” cubani! Certamente il governo cubano non ha intenzione di apportare cambiamenti al sistema socialista dell’isola, ma il discorso di Obama che comunque dà speranza ai giovani cubani per la costruzione del loro futuro e la conquista della loro libertà non ha prezzo, è un seme ancora da sviluppare. Ecco, la visita è il punto di svolta! L’unica domanda è quanto ci vorrà per avere conseguenze reali. La risposta è nelle mani del popolo cubano… “¡Sí, se puede!”

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