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Nicaragua: Ortega vuole sbarazzarsi del vescovo Álvarez

Álvaro Leiva Sánchez, segretario esecutivo dell’Associazione nicaraguense per i diritti umani, dall’esilio punta il dito contro il regime che perseguita il clero perché ha paura della fede del popolo. 

MARINELLYS TREMAMUNNO / LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

«“Sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.” (Mt 10, 22). Gli ingiusti e i corrotti odiano una Chiesa che denuncia i loro crimini e illumina la coscienza delle persone. Non bisogna scoraggiarsi. Perseveriamo con la forza del Signore». Lo ha scritto ieri in un tweet il vescovo nicaraguense monsignor Silvio José Báez, vescovo ausiliare – in esilio – dell’arcidiocesi di Managua.

Senza dubbio la perseveranza del vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Álvarez, è la luce che illumina oggi il popolo nicaraguense, mentre subisce un’ingiusta condanna a 26 anni e quattro mesi di carcere, dopo aver rifiutato due volte l’esilio: la prima volta a febbraio, quando si è rifiutato di salire sull’aereo che ha portato negli Stati Uniti 222 prigionieri politici e la seconda nei recenti negoziati vaticani, pochi giorni dopo l’incontro di papa Francesco con Miguel Díaz-Canel e Lula Da Silva. «Parlerò con Ortega perché le conceda la libertà», ha detto il Presidente del Brasile dopo l’incontro con il pontefice.

La notizia della presunta liberazione del vescovo Rolando Álvarez era stata resa nota da fonti non ufficiali e si era diffusa rapidamente attraverso i media, finché non c’è stato un colpo di scena improvviso, quando la testata Confidencial ha riferito che il vescovo era rientrato nel carcere La Modelo perché le trattative erano fallite: «Fonti ecclesiastiche e diplomatiche hanno rivelato al Confidencial che un rappresentante del Vaticano ha partecipato alla trattativa in videochiamata con il governo del Nicaragua sulla liberazione e l’esilio di monsignor Rolando Álvarez. Tuttavia, il vescovo non ha accettato i termini imposti per il suo esilio».

Nel frattempo il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, in una dichiarazione all’emittente locale Radio Corporación, ha negato la veridicità di tali informazioni, assicurando che si trattava di «speculazioni». Mons. Alvarez «è proprio lì, a Tipitapa», ha aggiunto, alludendo alla cittadina in cui si trova il carcere di massima sicurezza dove è trattenuto il presule nicaraguense.

Allora è inevitabile chiedersi: si trattava davvero di speculazioni o ancora una volta monsignor Álvarez  si è rifiutato di andare in esilio? «È evidente che il regime vuole sbarazzarsi di Álvarez», ha detto l’avvocato Álvaro Leiva Sánchez, segretario esecutivo dell’Associazione nicaraguense per i diritti umani (ANPDH), in una conversazione esclusiva con la Bussola Quotidiana.

«Trattandosi di un collaboratore della dittatura, il cardinale Brenes gestisce informazioni privilegiate e, allo stesso tempo, rilascia versioni secondo l’interesse del regime», ha affermato Leiva Sánchez. Ha spiegato che al momento delle dichiarazioni di Brenes non si conosceva la notizia del fallimento delle trattative, quindi il cardinale «era a conoscenza che la dittatura aveva riportato in carcere Álvarez».

Il vescovo Rolando Álvarez è solo uno dei tanti sacerdoti e suore del Nicaragua che rischiano la vita davanti a un regime sanguinario e anticlericale come quello di Ortega-Murillo. Negli ultimi cinque anni la Chiesa ha subito più di 500 attacchi, 90 dei quali solo nel 2023, e quasi 80 sacerdoti e suore sono stati esiliati (41 uomini e 36 donne), secondo il rapporto della ricercatrice Martha Patricia Molina. A questa lista si aggiunge padre Douglas Guevara, parroco dell’Immacolata Concezione della diocesi di León, che è fuggito dal Paese questo giovedì per salvarsi la vita.

«È un peccato che papa Francesco abbia dovuto ricorrere a questi delinquenti, capi del Foro di San Paolo, per intercedere presso Daniel Ortega e Rosario Murillo. Sono dei manipolatori, che hanno creato profonde cicatrici di dolore, spargimento di sangue, crisi, divisione e innumerevoli violazioni dei diritti umani in America Latina», ha detto il fondatore dell’ANPDH, che dal suo esilio in Costa Rica monitora costantemente la situazione dei diritti umani nel Paese centroamericano.

L’avvocato Álvaro Leiva Sánchez ha assicurato che nei prossimi giorni consegnerà una comunicazione alla Santa Sede per informare ancora una volta papa Francesco del grave rischio che corre il clero nicaraguense. «Molti sacerdoti sono perseguitati per la semplice predicazione del Vangelo e perché sono accanto al popolo, impegnati nel loro apostolato», ha affermato, ricordando che la «coppia criminale» che governa il Nicaragua ha privato della nazionalità più di 300 cittadini, «cacciandoli via, come se fossero stranieri indesiderati. Io sono una di quelle vittime…».

Ma di cosa ha paura il regime Ortega-Murillo? Senza dubbio della fede del popolo nicaraguense. «In questo momento stiamo attraversando un tunnel oscuro, ma sono pienamente convinto che il Nicaragua recupererà la sua libertà e la sua democrazia. Siamo un popolo mariano, crediamo nella nostra Santissima Madre ed è lei che sta dando forza in questi momenti di oscurità che la nostra Chiesa cattolica sta attraversando, con il nostro vescovo incarcerato. Tutti dobbiamo unirci in preghiera perché lui abbia forza. Con la fede nella nostra Santissima Madre e nel nostro potente Dio, raggiungeremo la libertà e la giustizia per tutti i nicaraguensi, senza eccezioni», ha sottolineato.

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