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Morales sfida la Costituzione per un quarto mandato

Oggi la Bolivia affronta un giorno decisivo per la sua democrazia: 7,3 milioni di elettori hanno la responsabilità di eleggere l’undicesimo Presidente del Paese e decidere tra l’alternanza democratica e la rielezione del Presidente socialista Morales che, sfidando la Costituzione “indigenista” voluta da lui stesso, pretende di rimanere per un quarto mandato. L’intervista esclusiva della Nuova BQ all’ex presidente Quiroga

MARINELLYS TREMAMUNNO / LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

Oggi la Bolivia affronta un giorno decisivo per la sua democrazia: 7,3 milioni di elettori hanno la responsabilità di eleggere l’undicesimo Presidente del Paese. Nove sono i candidati, tra cui l’uscente Evo Morales (59 anni), che vanta 13 anni al potere nonostante la sola licenza di scuola elementare. Ma non si tratta di una normale elezione presidenziale, oggi i boliviani dovranno decidere tra l’alternanza democratica e la rielezione del Presidente socialista che, sfidando la Costituzione “indigenista” voluta da lui stesso, pretende di rimanere per un quarto mandato.

Secondo i sondaggi il principale sfidante è Carlos Mesa, ex presidente della Bolivia (2003-2005), giornalista e storico di 66 anni. E al terzo posto il senatore di opposizione Oscar Ortiz, accusato di disperdere i voti dell’opposizione. Secondo la Costituzione, sarà proclamato alla presidenza il candidato che avrà ottenuto il 50% più uno dei voti validi; o il candidato che otterrà il 40% dei voti validi, con una differenza di almeno il 10% rispetto al secondo candidato. Se non si raggiunge una di queste condizioni, si terrà il ballottaggio a metà dicembre.

Si tratta di una delle elezioni più «feroci» della recente storia della Bolivia. I boliviani andranno alle urne anche per rinnovare tutti i seggi dell’Assemblea Legislativa, composta da 130 deputati e 36 senatori, in un complesso scenario politico che in questi giorni si è riscaldato con manifestazioni in diverse città del Paese in rifiuto alla candidatura di Morales, considerata “incostituzionale”.

“Bolivia ha detto no!”. Èil motto dei manifestanti in piazza, che ricorda che l’articolo 168 della Costituzione boliviana permette solo una rielezione consecutiva. Invece, Evo Morales oggi partecipa alla corsa elettorale scavalcando la stessa Costituzione e nonostante il popolo abbia detto “NO” al referendum costituzionale tenutosi lo scorso 21 febbraio 2016.

“Morales prova a perpetuarsi al potere”, ha detto l’ex presidente della Bolivia Tuto Quiroga, in conversazione esclusiva con La Nuova BQ. “Per la prima volta nella nostra storia, come è successo a Cuba e in Venezuela, un presidente cerca un quarto mandato consecutivo”, ha affermato, e ha evidenziato che si sta violando un limite costituzionale votato due volte dal popolo. “Nel 2009, il popolo ha votato e ha approvato l’articolo 168, che limita la rielezione. In seguito, il 21 febbraio 2016 i boliviani hanno detto NO al tentativo di Morales di modificare questa limitazione”. Ma il presidente della Bolivia è candidato alle elezioni presidenziali dopo la sentenza della Corte costituzionale che gli ha permesso di postularsi “indefinitamente”, sulla base del fatto che si tratta di un “diritto umano”.

In tredici anni di mandato, Morales si è trasformato in uno dei leader mondiali più conosciuti, sia per la sua retorica antimperialista sia per il tentativo di vendere l’idea di una Bolivia “miracolo economico dell’America Latina”, con una economia sempre in crescita a un tasso medio annuo del 4,6 per cento.

Ma la Bolivia è davvero un Paese in pieno sviluppo? 
«Al di là della questione economica, in queste elezioni è in gioco la democrazia e la ricostruzione economica nazionale, dopo quasi quindici anni di sprechi dispendiosi e corruzione gigantesca. Sono molto preoccupato per il nostro futuro economico, perché il Movimento al Socialismo (MAS) ha sprecato la migliore eredità della nostra storia. Hanno ricevuto il Paese con un’eredità positiva: grandi riserve di gas naturale, con gasdotti costruiti e contratti firmati con Argentina e Brasile, con la legge di idrocarburi (IDH) che ha aumentato notevolmente il nostro reddito. Hanno goduto di un reddito fiscale otto volte superiore grazie a questo e all’aumento dei prezzi internazionali delle materie prime. Ma ci lasceranno un Paese con scarse riserve di gas, con contratti scaduti e con i nostri acquirenti di gas in procinto di diventare concorrenti”, ha spiegato Tuto Quiroga.

Il debito pubblico estero della Bolivia continua a salire a livelli record quest’anno, con un saldo ufficiale di 10.302 milioni di dollari al 31 maggio…
“Purtroppo… Morales ha ricevuto il Paese praticamente senza debito estero privato, multilaterale o bilaterale, grazie al precedente condono del debito, ma ci lascerà un Paese con riserve internazionali in calo, sempre più indebitato, con deficit fiscali e commerciali molto elevati, e affogato nella corruzione. L’attuale governo non vuole dire che la bonanza e l’eredità del passato sono finite. Dopo aver fallito nella gestione del progetto siderurgico El Mutun e con il gas che si sta esaurendo, riciclano vecchie promesse di industrializzazione, quando in realtà ha solo industrializzato la produzione di cocaina nel Chapare. Il MAS scuote i fantasmi di altri paesi vicini, così non ti rendi conto che con loro l’unica cosa certa è un futuro triste come quello offerto oggi dal suo capo Maduro al Venezuela”.

Infatti, Evo Morales è discepolo di Hugo Chavez. Da quando è arrivato al potere nel 2006, è riuscito a seguire con successo lo stampo del Socialismo del XXI Secolo venezuelano, costruendo un modello iper-personalista e autocratico. Secondo Waldo Albarracín, leader della piattaforma di opposizione Conade (Consiglio per la difesa della democrazia), “la Bolivia vive in dittatura, perché tutto è controllato dal governo: il potere giudiziario, la Corte costituzionale, l’assemblea legislativa e persino il difensore civico (Defensor del Pueblo)”. 

L’opposizione ha allertato da mesi sulla possibilità di una frode elettorale, mentre Morales ha assicurato che, se dovesse essere rieletto, sarebbe pronto un golpe militare dell’opposizione per destituirlo. In questo contesto, i vescovi boliviani chiedono “elezioni limpide”: “non possiamo disconoscere che arriviamo a queste elezioni in un clima di sfiducia, come hanno manifestato pubblicamente numerosi cittadini, a causa del timore di una possibile manipolazione del voto. Questa situazione ci porta a chiedere che tutti gli elettori si rechino alle urne, per esercitare il proprio dovere e diritto, senza alcuna pressione politica, sociale o economica. Ci auguriamo che nessuno si senta costretto da comportamenti intransigenti e intolleranti, come minacce, imposizione di consegne collettive, ostacoli per il conteggio dei voti e promesse di vantaggi personali”, si legge nel comunicato della Conferenza episcopale boliviana (Ceb).

Cosa accadrebbe se Evo Morales andasse al ballottaggio?
“La Bolivia sarebbe in pericolo!  Per cui non è sufficiente rifiutare l’autoritarismo e scegliere una qualsiasi delle otto opzioni costituzionali, no! Questo 20 ottobre si deve concentrare il voto sull’opzione presidenziale con più probabilità di vincere. La decisione è chiara ed esistenziale, è tempo di scegliere: democrazia o autocrazia, sovranità popolare o tirannia masista, Repubblica boliviana o Madurolandia, libertà o dittatura”, ha concluso l’ex presidente Quiroga.

In Italia voteranno 6.601 boliviani. I seggi saranno disponibili dalle 8 del mattino a Roma (Chiesa Santa Maria Addolorata, viale Regina Margherita, 81), Milano (Liceo Linguistico Manzoni, via Grazia Deledda, 11) e Bergamo (Istituto Paritario Imiberg, via Santa Lucia, 14).

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