Dopo aver abbandonato in agosto il negoziato con l’opposizione, promosso dalla Norvegia, il regime di Maduro ha firmato un accordo a Caracas con una «finta» opposizione, accordo finalizzato a nuove elezioni, ovviamente pilotate. Processo illegittimo per gran parte della comunità internazionale, Unione Europea inclusa, ma non per la Santa Sede: alla firma dell’accordo era presente il nunzio apostolico, monsignor Giordano, preceduto da dichiarazioni concilianti a Roma del generale dei Gesuiti, il venezuelano padre Arturo Sosa.
MARINELLYS TREMAMUNNO / LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
“Il grande desiderio della maggioranza dei venezuelani è la realizzazione di elezioni, veramente libere”, ha dichiarato il proposito generale della Compagnia di Gesù il padre venezuelano Arturo Sosa, alla platea di giornalisti riuniti lunedì scorso nella sede della stampa estera a Roma. Sosa ha sottolineato che in Venezuela “è necessario un cambio di sistema che sia prodotto della volontà del popolo”, per la creazione di una “nuova situazione politica”.
“Non è una utopia”, ha inoltre ribadito di fronte alla perplessità dei giornalisti che hanno insistito su come fosse possibile parlare di “elezioni libere” in un Paese sequestrato da un regime sostenuto da gruppi criminali e forze esterne (russe e cubane), che lui stesso ha confermato essere in territorio venezuelano: “Certo che ci sono molti interessi e molti gruppi armati, ma io mi auguro che si lavori su questo”, ha aggiunto.
E subito dopo si è svelata la frode. Quella che inizialmente si era rilevata una semplice opinione personale del Papa Nero, è diventato invece un fatidico presagio dell’imbroglio avvenuto qualche ora dopo nella “Casa Amarilla”, sede del ministero degli Esteri venezuelano a Caracas: l’annuncio della firma dell’accordo di “dialogo nazionale” tra un gruppo di finti oppositori e il regime, con l’obiettivo finale di convocare elezioni parlamentari. Una chiara mossa che intende distrarre la comunità internazionale e annullare definitivamente l’unico potere ancora legittimo in Venezuela, l’Assemblea Nazionale di maggioranza oppositrice, eletta a dicembre 2015.
Così il regime si prepara a nuove elezioni su misura. Tra i finti avversari che hanno firmato l’accordo ci sono Felipe Mujica (Movimiento al Socialismo), Claudio Fermín (Soluciones para Venezuela), Timoteo Zambrano (Cambiemos) e Luis Romero (Avanzada Progresista). Tutti e quattro hanno sigillato l’accordo in nome dell’opposizione, ma si tratta di rappresentanti di piccoli partiti di sinistra che non sono considerati veri partiti di opposizione al regime. Lo hanno evidenziato noti giornalisti venezuelani su Twitter: “Dopo aver abbandonato il dialogo promosso dalla Norvegia, Maduro intende convocare nuovamente elezioni illegittime”, con il sostegno della “sinistra collaborativa”, ha scritto Nelson Bocaranda; e secondo la giornalista venezuelana Ibeyise Pacheco, si “vuole sostituire la legittima Assemblea Nazionale con membri del partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) e con i gruppi che mangiano dalla mano del regime”.
Queste sono le elezioni pilotate che vuole il Vaticano? Davanti ai giornalisti, il capo dei Gesuiti padre Arturo Sosa aveva affermato che, nonostante Papa Francesco avesse “tantissimi consiglieri”, lui in prima persona ha parlato di Venezuela con Bergoglio “più di una volta”. Quindi, certamente non è stata casuale la presenza del nunzio apostolico, Aldo Giordano, durante l’atto di firma dell’accordo di “dialogo nazionale”: nella trasmissione effettuata da “Venezolana di Televisión”, tv dello Stato, si vede chiaramente Mons. Giordano seduto tra il corpo diplomatico. E non solo, la stampa locale ha riferito che il più alto rappresentante del Vaticano nel Paese è rimasto fino alla fine dell’atto, ha preso una copia del documento fraudolento e ha stretto la mano ai capi del regime, tra cui la vicepresidentessa Delcy Rodriguez.
Invece gli ambasciatori europei si sono ritirati. Secondo l’agenzia EFE, gli ambasciatori dei paesi dell’Unione Europea erano presenti per cortesia, nonostante non fossero stati precedentemente informati sul tema dell’evento. “Vedendo cosa fosse, hanno preferito lasciare il posto, poiché i diplomatici europei mantengono la loro posizione per difendere il processo di dialogo (con la vera opposizione al regime) sponsorizzato dalla Norvegia, processo sospeso dal governo”, si legge nel comunicato stampa. Infatti, l’Unione Europea ha evidenziato attraverso un comunicato ufficiale diffuso ieri che il “dialogo nazionale” promosso dal “regime venezuelano” è stato costituito con “alcune forze politiche minoritarie del Paese», per cui non ha “la rappresentatività politica necessaria”.
In tutto ciò, è partita la solita narrazione propagandistica del regime. “Accolgo la firma degli accordi raggiunti nel tavolo di dialogo con l’opposizione. È un passo verso la convivenza e la pace. Tutte le porte del dialogo rimarranno aperte per la tranquillità di tutti i venezuelani”, ha scritto Nicolas Maduro sul suo Twitter dopo la firma del finto accordo, che nemmeno nomina il presidente del potere legislativo Juan Guaidò, riconosciuto come presidente “ad interim” da più di 50 paesi. Al contrario, il giorno precedente Guaidò aveva dichiarato in conferenza stampa che il dialogo promosso da Norvegia, prima a Oslo e dopo a Barbados, si era rotto lo scorso 7 agosto per decisione del regime, dopo che l’opposizione aveva proposto la formazione di un governo di transizione integrato da settori politici e dalle forze armate.
La proposta di Guaidò includeva l’abbandono della lotta per il potere. TantoMaduro come Guaidò dovevano rinunciare ai loro incarichi per lasciare spazio alla creazione di un “consiglio di amministrazione”, che doveva assumere il nuovo governo di transizione per convocare elezioni presidenziali libere entro 90 giorni, secondo quanto stabilito nell’articolo 333 della Costituzione del Venezuela. E le pressioni internazionali hanno portato il regime ad abbandonare i negoziati e optare per un cambio di strategia, come ha fatto in ogni tentativo di negoziato realizzato dall’anno 2014.
Ancora una volta, Maduro prende in giro tutti. “Prende in giro il Paese, prende in giro la comunità internazionale, prende in giro tutti i venezuelani. Non si tratta di un problema tra due delegazioni, si tratta del problema di un intero Paese che richiede un cambiamento. Per risolvere il problema economico del Venezuela, dobbiamo risolvere la crisi politica”, ha sottolineato l’On. Stalin González, secondo vicepresidente del Parlamento venezuelano.