L’Onu aiuta le scuole in Venezuela. Ma sono chiuse
L’agenzia Onu World Food Program ha lanciato un programma di finanziamento delle mense scolastiche del Venezuela. Piccolo problema: da un anno non ci sono più scuole. Il regime venezuelano si giustifica con le misure anti-Covid, in realtà mancano i soldi. Anche solo quelli per permettere a insegnanti e studenti di raggiungerle.
MARINELLYS TREMAMUNNO / LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
Il regime del Venezuela e l’agenzia ONU World Food Programme hanno firmato lo scorso 19 aprile un accordo con il quale il WFP inizierà un’operazione umanitaria nel Paese sudamericano, fornendo pasti scolastici nelle scuole materne e di istruzione speciale, oltre a investire nella ristrutturazione delle mense scolastiche. “Con questo accordo, il WFP prevede di raggiungere progressivamente 1,5 milioni di bambini nelle scuole delle aree più colpite dall’insicurezza alimentare”, ha detto il direttore David Beasley.
Quello che non ha considerato questa prestigiosa agenzia ONU è che le scuole in Venezuela sono chiuse da più di un anno. Ma sono chiuse per la pandemia del Covid19? No! Raquel Figueroa, leader sindacale della Federazione degli insegnanti del Venezuela, ha criticato in diverse occasioni l’improvvisazione del regime e ha denunciato i gravi problemi di infrastruttura delle scuole, oltre ai bassi salari che interessano il personale docente.
Di conseguenza, la Bussola Quotidiana ha visitato alcune scuole dell’area metropolitana di Caracas, svelando che la vera causa del mancato ritorno dei ragazzi nelle aule “è il fattore economico”. Lo ha confermato Anureth Herrera, dipendente di una scuola bolivariana (così vengono chiamate le scuole pubbliche), con 17 anni di servizio, in una zona di periferia. “È molto difficile per un insegnante con uno stipendio di uno o due dollari al mese raggiungere la scuola, quando deve spendere praticamente tutto in trasporti. È impossibile” ha spiegato.
Inoltre “i servizi di base non esistono, non abbiamo acqua, non abbiamo internet. C’è anche il fattore economico dei genitori dei nostri studenti, che non tutti possono mandare i figli a scuola, quindi non credo che sarà possibile tornare in queste condizioni”, ha affermato Herrera.
Un insegnante venezuelano spende il triplo del suo stipendio in biglietti dell’autobus. È il caso di Carolina Villarroel: ha un master in Educazione Speciale, 22 anni di servizio, ma non riesce ad avere una vita dignitosa con il suo stipendio di insegnante di scuola pubblica, non riesce nemmeno a pagare i mezzi di trasporto per recarsi tutti i giorni nella scuola dove lavora. “Con il mio stipendio non riesco a pagare il biglietto dell’autobus, perché quello che devo spendere per i biglietti è tre volte quello che mi paga il Ministero della Pubblica Istruzione del Venezuela. È triste che, dopo aver passato una vita studiando e specializzandomi per educare i bambini, purtroppo io non possa tornare al mio lavoro”, ha detto.
Due dollari al mese è lo stipendio di un insegnante venezuelano, secondo il cambio parallelo in vigore al momento in cui questo articolo è stato scritto (poiché cambia quotidianamente). Questo reddito sarebbe sufficiente solo per acquistare l’1,2% del costo del paniere di base (che equivale a $ 225,69). Lo conferma un recente rapporto del Centro di Documentazione e Analisi dei Lavoratori (CENDA), una ONG venezuelana dedicata allo studio della qualità della vita e delle condizioni di lavoro del Paese sudamericano. Quindi un insegnante venezuelano ha un deficit del 98,7% nel suo stipendio per coprire le spese di alimentazione di base.
Di fronte alla polverizzazione dei loro stipendi, gli insegnanti hanno dovuto cercare altri mezzi di sostegno, come Carolina Villarroel: “ho iniziato a vendere empanadas (panzerotti venezuelani), nonostante abbia 22 anni di servizio e un master in educazione speciale. Ho dovuto farlo perché, purtroppo, il mio stipendio non è sufficiente per mantenere la mia famiglia”.
E così gli insegnanti venezuelani sopravvivono, “cercando alternative” in una situazione così difficile. “Una collega, se torna a scuola, dovrà camminare per più di 5 chilometri per arrivare al posto di lavoro e questo non è considerato dal Ministero dell’Istruzione. Con questa situazione la maggior parte degli insegnanti non sarà in grado di ritornare a lavorare in presenza”, ha affermato Villarroel.
Basta mettere la lente di ingrandimento sulla realtà venezuelana per verificare che in Venezuela esiste una chiusura tecnica del sistema educativo, che il regime cerca di coprire con misure anti-COVID-19. La verità è che non è possibile garantire il ritorno a scuola di 8.763.066 studenti delle scuole primarie, in un Paese in cui manca il trasporto pubblico, mancano i servizi di base e l’enorme povertà ha portato con sé l’abbandono delle aule.
Questa crisi del sistema educativo venezuelano era già nota a settembre 2019: “degli studenti ancora iscritti, almeno il 66% non frequenta regolarmente le aule, situazione che sommata al 75% di abbandono dei posti di lavoro, mostra uno scenario mai visto nel sistema educativo venezuelano”, ha detto in conferenza stampa Javier Tarazona, direttore generale dell’Ong venezuelana Fundaredes.
Infine, il problema più grande che deve affrontare il sistema educativo venezuelano è il mostro della diserzione scolastica. “Prima della pandemia, molti genitori hanno dovuto emigrare e i loro figli sono stati lasciati con i nonni, anziani, con problemi di salute e difficoltà a muoversi, con problemi a seguire i compiti dei bambini, e, essendo anziani con una piccola pensione non riescono nemmeno a garantire i pasti dei loro nipoti, perché il programma di alimentazione scolastica non funziona”, ha spiegato Anureth Herrera. In tutto ciò, i venezuelani ci domandiamo come il WFP raggiungerà 1,5 milioni di bambini nelle scuole se nel Venezuela di Nicolas Maduro nemmeno le scuole funzionano?
FONTE: L’Onu aiuta le scuole in Venezuela. Ma sono chiuse – La Nuova Bussola Quotidiana (lanuovabq.it)