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Natale a Kiev

Dopo dieci mesi di guerra, festeggiare il Natale è diventato una necessità, un obbligo di sopravvivenza tra tanto dolore e distruzione in Ucraina. “Faremo una cena con gli amici e altri espatriati, ma sempre attenti alle sirene che avvisano se c’è un attacco aereo; ormai sono diventate parte della nostra quotidianità”.

A parlare Marco Chimenton, giovane originario di Spinea (Venezia). A soli 38 anni, è il coordinatore della risposta alle emergenze dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) in Ucraina, una delle agenzie ONU impegnate nel portare aiuti umanitari. “Devo garantire che più persone possibili stiano al caldo e abbiano da mangiare e questo sfortunatamente non mi lascerà molto tempo per rientrare, mi dispiace per i miei genitori”.

Quegli stessi genitori che, fin da piccolo, hanno instillato in Marco la voglia di conoscere altre culture e di aiutare i più deboli. Il giovane ha studiato Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia, laureandosi nel 2009, e da allora non si è mai fermato nell’accumulare esperienze professionali in territori colpiti da disastri naturali o guerre: Bosnia, Yemen, Donetsk e Luhans’k, Filippine. Nel 2020 è arrivata l’opportunità di lavorare a Kiev. “Dopo 9 anni in zone di conflitto, ho pensato che per la prima volta avevo la possibilità di stare in un posto tranquillo, fino a che non è scoppiata la guerra”.

Nonostante la drammatica situazione che si vive in Ucraina, Marco si prepara a festeggiare due volte il Natale: quello cattolico il 25 dicembre e quello ortodosso il 7 gennaio, insieme alla famiglia ucraina della sua compagna Katia. “Questo popolo ha una incredibile capacità di resistenza ed è deciso a mantenere la normalità anche in mezzo alla guerra. Chi è religioso trova nel proprio credo, nella preghiera, un modo per affrontare i momenti difficili; altri lo trovano nel patriottismo, altri mantenendo le routine della vita quotidiana, perché queste cose ti danno un senso di normalità”.

Marco ha imparato a gestire la nostalgia di casa portandosi la moka del caffè, e mantenendo le proprie tradizioni culinarie. “Ho portato il paiolo per la polenta e anche un bel baccalà, uno stoccafisso intero, così da affrontare le temperature più basse in maniera migliore. Per me è importante mantenere il legame con il posto dove si è cresciuti, perché questo permette di andare avanti con la consapevolezza che se si guarda indietro si trova qualcosa, altrimenti siamo persi”.

Ma questo Natale sarà anche un momento di riflessione per Marco Chimenton che, nonostante abbia un grande desiderio di “dare il proprio contributo all’esistenza”, non nasconde la sua voglia di vivere una vita più semplice in Italia, per costruire una famiglia insieme a Katia. “Non mi vedo all’estero tutta la vita. Con il tempo aumenta il desiderio di essere vicino alla famiglia, a Venezia. E non penso che la mia decisione di rientrare tarderà a venire”, ha affermato, consapevole che questa scelta potrebbe portare anche una svolta lavorativa. “La possibilità di un ritorno alla semplicità sarebbe un buon motivo per farmi rientrare”.

Articolo pubblicato sulla rivista Messaggero di Sant’Antonio – EDIZIONE ITALIANA PER L’ESTERO, Dicembre 2022

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