È iniziata la «fase finale» del braccio di ferro tra Nicolas Maduro e Juan Guaidó. Il presidente ad interim del Venezuela ha svegliato i venezuelani con un video trasmesso su Twitter, annunciando l’inizio dell’Operazione Libertà. Insieme a lui i militari difensori della Costituzione e il leader dell’opposizione Leopoldo Lopez, che era agli arresti domiciliari da 5 anni e 2 mesi. Guaidó ha invitato il popolo del Venezuela a scendere in piazza per la “cessazione dell’usurpazione” di Nicolas Maduro.
Di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
Le forze armate democratiche si sono dispiegate accanto alla base aerea Francisco de Miranda (La Carlota), principale aeroporto militare di Caracas. Si sono identificati con fasce blu al braccio destro per differenziarsi delle forze ancora leali a Nicolas Maduro. Così Guaidó è apparso per prima volta protetto da un consistente gruppo militare. Una mossa che ha messo in evidenza la spaccatura delle forze armate venezuelane, già indebolite da una diserzione massiccia: dal 22 febbraio sono emigrati 1.285 venezuelani (tra ex militari e familiari) verso la Colombia come rifugiati, secondo i numeri forniti dal Ministero degli Esteri colombiano.
Il popolo è sceso in piazza in risposta all’appello del presidente Guaidó. Migliaia di manifestanti hanno preso non solo le strade intorno all’aeroporto La Carlota, secondo dati dell’Ong Provea sono scesi in piazza in 65 città di 22 dei 24 Stati del Paese. Inoltre, si sono verificati scontri con le forze fedeli a Maduro, che hanno tentato di fermare la rivolta popolare con l’uso della forza. Alle 17:00 il Foro Penal Venezuelano aveva contato 25 arresti in 9 regioni: Zulia, Aragua, Carabobo, Tachira, Lara, Merida, Monaga e Caracas.
La furia repressiva di Maduro ha macchiato di sangue le strade di Caracas. Un video in diretta della tv colombiana NTN24 ha mostrato come un blindato ha accelerato contro i manifestanti, investendo almeno una persona che poco dopo si è vista insanguinata per terra. Inoltre, le immagini televisive hanno mostrato i membri delle Forze di Azione Speciale FAES (fedele a Maduro) che sparavano direttamente contro la folla. Il bilancio di feriti della giornata era ancora incerto al momento della chiusura dell’articolo, ma potrebbe superare il centinaio di persone, alcuni a seguito di colpi di pistola come Milagros Gutierrez, che ha ricevuto un proiettile nell’addome.
Il regime ha subito dichiarato che era in atto un colpo di Stato. «Informiamo il popolo del Venezuela che attualmente stiamo affrontando e disarmando un piccolo gruppo di militari traditori che si sono posizionati nei pressi del ponte di Altamira per promuovere un colpo di Stato contro la Costituzione e la pace della Repubblica”, ha affermato su Twitter il Ministro della Comunicazione, Jorge Rodríguez. Mentre il ministro della Difesa, il generale Vladimir Padrino, ha assicurato che le “Forze Armate (FANB) sono in difesa della Costituzione nazionale e delle sue legittime autorità”, smentendo le dichiarazioni di Guaidó, il quale aveva assicurato di avere il sostegno di gran parte delle forze di sicurezza del Paese.
Invece è palese che in Venezuela non c’è un colpo di Stato. Si intende con questa espressione un fatto contro la legge e al di fuori della legge, volto a modificare il vigente ordinamento dei pubblici poteri. Invece abbiamo visto il Presidente del Parlamento, insieme ai deputati legittimamente eletti, che hanno annunciato l’inizio di un movimento civico militare per porre fine all’usurpazione di Nicolas Maduro, mantenutosi saldo al potere al di là di ogni legge del Paese e ignorando completamente la scadenza del suo mandato lo scorso 10 gennaio.
In tutto ciò la debolezza del regime è evidente. Il direttore del Servizio di intelligence Nazionale Bolivariano (Sebin), Manuel Ricardo Cristopher Figuera, è stato l’uomo chiave per la liberazione di Leopoldo Lopez. In aggiunta, ha rimosso alcune unità della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB) e ha posizionato ufficiali del Sebin vicino al ponte di Altamira in occasione della dichiarazione militare. Mentre il palazzo di governo Miraflores era presidiato dai gruppi paramilitari chavisti i “colectivos”, per ordine di Diosdado Cabello, presidente dell’illegittima Assemblea Costituente voluta da Maduro.
È ancora presto per un bilancio definitivo della situazione venezuelana. Da una parte c’è un movimento che tenta di dare una svolta democratica al Venezuela, con il sostegno di almeno 50 paesi della comunità internazionale. Dall’altra, c’è un regime del quale la stampa internazionale ha documentato i profondi legami con forze criminali e non democratiche. Tra cui è ampiamente conosciuta la libera azione di gruppi guerriglieri dell’ELN e le Farc in territorio venezuelano, oltre alla massiccia presenza militare russa e cubana.
Le negoziazioni sono in atto e tutto è ancora da scrivere. Sono più le incognite che le risposte. L’unica cosa certa è l’inarrestabile transizione in Venezuela.