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Burocrazia, il nemico spietato degli italiani all’estero

Il Presidente del Comites Barcelona, Alessandro Zehenther, ha parlato alla Nuova Bussola della situazione drammatica in cui vivono alcuni italiani residenti in altri Stati: «Ci sono bambini senza riconoscimento giuridico dalla nascita, persone in difficoltà economica post covid-19 a cui non arrivano gli aiuti. La responsabilità di una burocrazia dannosa non è dei Consoli o dei loro impiegati, ma di chi è a capo della Farnesina».

MARINELLYS TREMAMUNNO / LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

La burocrazia italiana è diventata il peggiore nemico degli italiani residenti all’estero. Fabiola Cestari è cittadina italiana residente in Spagna dal 2017, quando ha deciso di scappare dal Venezuela. E dopo due anni di viavai al Consolato italiano di Barcelona, con scambio di mail e numerose incomprensioni con l’Ufficio dell’Anagrafe e dello Stato Civile, non è ancora riuscita a registrare la sua piccola di 4 anni nata in Venezuela, nonostante lei sia avvocato e abbia compiuto tutti i requisiti di legge. «Ho portato dal Venezuela due certificati di nascita originali della bambina, tutti e due legalizzati e con la postilla dell’Aja. Purtroppo, il primo che ho presentato ha avuto un problema tecnico, ma l’ho saputo dopo un anno della mia richiesta di registrazione; il secondo documento, invece, è stato respinto per un capriccio della funzionaria», ha affermato con molta ammarezza Cestari.

Così Fabiola è intrappolata in un sistema che oltre a violare i diritti di una minorenne, cittadina italiana jure sanguinis, viene discriminata per essere profuga di un Paese in grave crisi. «La funzionaria ha annullato arbitrariamente un documento completamente valido, originale, legalizzato, con postilla dell’Aja e tradotto da un traduttore giurato dalla Spagna. Secondo lei non ha valore per essere stato emesso nell’anno 2017 e quindi mi chiede un documento con una data recente. Una richiesta senza senso, dopo tutto il tempo che loro stessi mi hanno fatto perdere, sapendo che la postilla dell’Aja non ha una scadenza. E non solo, vuole che l’atto di nascita sia tradotto e firmato dal Consolato Italiano in Venezuela, quando non vivo più in Venezuela da 3 anni. È impossibile viaggiare in Venezuela con l’attuale crisi politica e umanitaria, oltre alle spese che un viaggio del genere comporta. Ora mia figlia è rimasta senza documenti, senza la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana per capriccio di un funzionario e, come se non bastasse, viene bloccato anche il rinnovo del mio passaporto fino a che si possa aggiornare il mio stato di famiglia».

Di burocrazia a danno degli italiani all’estero si può scrivere a lungo. Vi sarebbero migliaia di esempi ancora più drammatici. Una situazione che si è peggiorata esponenzialmente con l’emergenza Covid-19, per cui abbiamo deciso parlare con il Presidente del Comites Barcelona, Alessandro Zehenther, per capire cosa sta accadendo nel sistema consolare.

Lei ha segnalato il forte depotenziamento, in relazione e per effetto alla pandemia da COVID-19, delle funzionalità della rete consolare degli uffici italiani all’estero, ci racconta la situazione?
A causa del Covid-19 l’attività dei Consolati si è praticamente paralizzata. Capisco i motivi legati alla sicurezza sul luogo di lavoro ma la funzione di alcuni sportelli, fatte salve le misure di tutela del lavoratore (guanti, mascherine, protezioni e distanze) non va mai interrotta al pari del lavoro di un poliziotto, di un Vigile del Fuoco o di una della commessa del supermercato sotto casa. Non è possibile non registrare atti di nascita con la celerità dovuta, non si possono lasciare migliaia di neonati senza «capacità giuridica» per mesi e mesi. Sono di fatto creaturine praticamente inesistenti sia per lo Stato italiano che per lo Stato estero che le accoglie in quanto prive di documenti. La responsabilità di tutto ciò non è certo dei Consoli a capo delle varie strutture o degli impiegati che ci lavorano, la responsabilità è tutta politica e di chi è a capo della Farnesina, a partire dal suo Ministro Di Maio.

Questa drastica riduzione dei servizi consolari degli uffici italiani all’estero che conseguenze hanno per i nostri connazionali all’estero? Che area si respira tra gli italiani all’estero?
Di recente il Senatore Fazzolari (Fratelli d’Italia), che voglio ringraziare, ha depositato come primo firmatario una interrogazione firmata insieme ad altri sette Senatori proprio in riferimento alla paralisi degli Uffici dello Stato Civile all’Estero. Nessuna risposta da parte del Ministro Di Maio o da parte degli altri componenti politici del Ministero. Questo comportamento si commenta da solo. Se una parte del mondo politico si dimostra sensibile alle istanze degli italiani all’estero (a partire dai neo-genitori), un’altra parte dello stesso si dimostra assolutamente insensibile verso un mondo a loro poco conosciuto pur essendone paradossalmente a capo in sede ministeriale. La sensazione è che si stia arrivando al collasso amministrativo. Il Ministero degli Esteri è sostanzialmente gestito dal Movimento 5 Stelle che ha collocato alla Farnesina il Ministro Di Maio, la Vice Ministro Dal Re ed il Sottosegretario Di Stefano. Le conseguenze sono purtroppo ben visibili a chiunque, sia in Italia che all’estero.

Inoltre, tra le misure contenute nel decreto “Cura Italia” c’è anche quella che assegna al Ministero degli Esteri 4 milioni di euro per assistere i cittadini italiani all’estero in condizioni d’indigenza o necessità. Questa misura sta funzionando?
L’importo stanziato nel «Cura Italia» è assolutamente insufficiente, pochi milioni di Euro per una platea di svariate centinaia di migliaia di persone che possono cadere in stato di indigenza (o che già ci sono finite loro malgrado) non possono essere considerate un aiuto. La misura oltretutto non sta funzionando, si può affermare che a causa del collo di bottiglia della burocrazia italiana questi pochi aiuti non arrivano celermente alle persone realmente più bisognose.

Il Sottosegretario Merlo ha dichiarato che «per concedere sussidi ai cittadini che versano in stato d’indigenza l’ufficio consolare deve accertare l’indigenza» della persona e ha enumerato un lungo elenco di requisiti burocratici. È possibile l’utilizzo di questo contributo con questi parametri?
Dire che lo Stato deve «accertare l’indigenza» suona quasi come una offesa per chi è caduto in questa triste condizione. Se veniamo contattati da una persona che dorme su una panchina, che non mangia da giorni, che non si cambia da settimane, che ha difficoltà anche a potersi fare una sola doccia o a radersi, dobbiamo veramente accertarne lo «stato di indigenza»? È sconvolgente. E proseguendo con questo illogico «accertamento legato all’indigenza», come si fa a chiedere ad una persona che con grande probabilità non ha neppure un documento di identità ancora valido la lista dei documenti che la burocrazia italiana pretenderebbe? Tanto per capirci, a chi non ha da mangiare o da dormire noi dovremmo chiedere, a norma di regolamento: copia del Documento di Identità, Certificato rilasciato dalla Agenzia Tributaria (Ufficio Entrate in Italia) attestante i dati fiscali 2018 e 2019 del suo nucleo familiare, certificato della “Seguridad Social” (INPS in Italia) o autocertificazione attestante i lavori svolti durante la propria vita, certificato attestante il proprio stato di disoccupazione, certificato attestante o autocertificazione dal quale risulti di non aver usufruito di aiuti economici da parte dello Stato spagnolo. È evidente che se si procede in questa maniera i veri bisognosi non riceveranno neppure un centesimo di questi aiuti tanto propagandati.

Inoltre, il Sottosegretario ha segnalato che si tratta di «erogazioni in denaro con promessa di restituzione». Mi chiedo, si può chiedere la restituzione del sussidio a una persona in stato d’indigenza?
Non voglio neppure commentare il fatto che si chiedano sei documenti ad una persona in stato di indigenza facendo poi firmare loro una «promessa di restituzione». Il far promettere la restituzione di un aiuto ad un indigente è offensivo oltre che cinico nei confronti dei connazionali più deboli. Chi è affamato richiede alimenti e un tetto, non sollecita di sicuro una cartella esattoriale per una elemosina statale non restituita.

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