È iniziato il conto alla rovescia per il viaggio di Papa Francesco in Messico. Dal 12 al 18 febbraio 2016, Jorge Mario Bergoglio si recherà per la prima volta e come destinazione esclusiva in Messico: un popolo fortemente cattolico (82,32% della popolazione) e con un alto tasso di povertà (63 milioni di persone, vale a dire il 53% dei messicani). Sarà la quarta volta del Papa argentino nella sua America Latina, un viaggio per il quale si prevede un’accoglienza molto calorosa, non solo per la sua origine sudamericana, ma anche per l’agenda che lo stesso Pontefice ha stabilito. Il Vescovo di Roma tenterà di entrare nelle periferie interne del Messico, avvicinandosi come pastore della Chiesa Universale alle loro sofferenze.
di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
La Conferenza episcopale del Messico ha denunciato i problemi dei messicani: violenza dilagante (oltre sei milioni di persone minori di 18 anni, scomparse tra il 2006 ed il 2014), corruzione, debolezza delle autorità e crimine organizzato. “I messicani desiderano la pace, hanno bisogno di verità e non di statistiche burocratiche”, hanno sottolineato i vescovi messicani in un editoriale pubblicato il 01 febbraio 2016 sul sito dell’Arcidiocesi del Messico.
Per conoscere la realtà messicana attraverso l’ottica di un uomo di Chiesa, abbiamo parlato con il rettore del Pontificio Collegio Messicano a Roma, padre Armando Flores Navarro. Un sacerdote che sebbene abiti in Italia da cinque anni, ha vissuto la maggior parte della sua vocazione vicino al mondo parrocchiale : “sono stato parroco durante undici anni nella diocesi di Zamora, che appartiene allo Stato di Michoacàn. Una regione che è stata flagellata dalla violenza”. Solo a gennaio 2016, si sono registrati 52 morti per violenza.
Ci può raccontare la Chiesa che troverà Papa Francesco in Messico?
Per capire il Messico si deve capire che è molto rurale. Il Messico ha due milioni di metri quadrati di superficie, sarebbe sei volte l’Italia e quattro volte la Spagna. Abbiamo una Chiesa giovane con molta vitalità: è sorta nel XVI secolo con la conquista spagnola, nel XX secolo sono state create 54 diocesi (23 delle quali dopo del Concilio Vaticano II); e nel XXI secolo sono nate 12 nuove diocesi. Adesso ci sono 93 vescovi divisi tra 18 arcidiocesi e 75 diocesi, che raggruppano 6940 parrocchie, con 5721 presbiteri e 6805 religiosi. La regione più povera, quella di Ciapas e la frontiera del Nord, sono quelle più influenzate dalla perdita di identità cattolica, fatto dovuto al proselitismo delle Sette che attecchiscono dove dilagano povertà e ignoranza.
In questo scenario, quali sono le sfide della Chiesa messicana?
In un paese con 53% di abitanti che vivono sotto la soglia di povertà, una sfida importante per la Chiesa messicana è affrontare proprio il problema della povertà. Non si può parlare di assistenza perché non abbiamo soldi per risolvere i problemi dei messicani. Ma siamo cresciuti nella logica della solidarietà. Purtroppo dobbiamo anche combattere contro la cultura paternalistica del popolo, che aspetta un Governo capace di risolvere tutti i loro problemi. Un’altra sfida importante è la violenza che si sta diffondendo in tutto il paese.
L’Unità di Ricerca del Centro Cattolico Multimediale (CCM), ha riferito che nel corso dell’anno 2015, la criminalità organizzata ha ucciso tre sacerdoti e oltre cinquanta persone legate alla Chiesa negli ultimi venticinque anni. Con questo panorama, essere sacerdote in Messico potrebbe significare perdere la vita?
Conosco queste statistiche ma vorrei spiegare alcune sfumature. Ci sono due considerazioni importanti: i sacerdoti sono parte del popolo e sono esposti tanto quanto i cittadini; in più ci sono alcune famiglie che potrebbero avere membri coinvolti nella criminalità organizzata, cosa che li rende un bersaglio vulnerabile. Non si tratta di un attacco contro la Chiesa e non tutti i casi sono legati al traffico di droga. Ma senza dubbio noi sacerdoti siamo molto vulnerabili in Messico. Posso raccontare una situazione molto dolorosa vissuta nella diocesi di Zamora, quando un sacerdote è scomparso improvvisamente. Era molto giovane, aveva un meraviglioso futuro di pastore per la sua forte vocazione. Ancora oggi conviviamo con il dolore della sua perdita. Come parroco ho dovuto seguire pastoralmente un popolo che soffre la violenza. Ho visto la paura quotidiana e soprattutto ho vissuto da vicino il dolore delle perdite a causa della violenza.
La Conferenza Episcopale del Messico è sempre energica nella denuncia dei problemi che soffrono i messicani, situazione che mantiene una frizione con il Governo. Comunque sarà la prima volta che un pontefice sarà ricevuto nel Palazzo Nazionale, Bergoglio potrebbe aiutare a creare punti di incontro?
Il Papa non può risolvere i problemi del Messico, va come un pastore della Chiesa. Penso che il suo discorso sarà incentrato sulla necessità dell’incontro, la tenerezza, il dialogo e la misericordia. Non possiamo dimenticare che il Santo Padre è molto recettivo e certamente farà commenti spontanei, ma non credo che si immischierà negli affari interni del Messico. Non credo che vada in Messico a rimproverare a qualcuno, penso che sarà molto rispettoso.
Secondo la sua ottica, Papa Francesco come potrebbe aiutare il Messico ad affrontare i suoi problemi?
Il Santo Padre arriva in Messico durante la Quaresima, durante l’Anno della Misericordia, che sarà sicuramente l’argomento ricorrente nel corso delle sue liturgie. Sarebbe da evidenziare che ci sono alcune limitazioni di origine storica che limitano il rapporto tra il mondo religioso e il mondo pubblico. Ci sono dei pregiudizi storici che rendono i cittadini cattolici diffidenti nei confronti della cosa pubblica, che ancora vedono lo Stato come il grande nemico dei suoi valori cattolici. La presenza del Papa Francesco aiuterà molto il dialogo sociale e credo che il suo discorso servirà a stimolare tra i fedeli una coscienza civica più responsabile e più partecipativa nella soluzione dei propri problemi. In questo il Papa potrebbe aiutarci tanto.