Più del 25% dei decessi per Covid-19 riguarda lavoratori del settore sanitario, il numero è già salito a 82. Intanto il regime di Maduro impone la censura e la repressione per tentare di nascondere la catastrofe umanitaria in corso: già 12 sono i medici arrestati. La denuncia della Federazione Medica Venezuelana alla Bussola: «Il 90% degli ospedali non ha acqua, non ha sapone, non ha detersivi, occhiali nè maschere chirurgiche speciali».
MARINELLYS TREMAMUNNO / LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
“Le autorità venezuelane negano il numero di operatori sanitari morti a causa del COVID-19… Il governo è totalmente irresponsabile”. Lo ha denunciato martedì Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per l’America.
Cosa sta succedendo in Venezuela con il personale sanitario? Decine di medici e infermieri venezuelani pagano con la propria vita l’incapacità del regime di Nicolás Maduro di affrontare la pandemia. “Poco più del 18% dei decessi esistenti in Venezuela riguarda il settore medico e poco più del 25% il settore sanitario”, ha denunciato il Dr. Douglas León Natera, presidente della Federazione Medica Venezuelana (FMV).
La notizia della morte del primo operatore sanitario è stata resa nota il 16 giugno, quando è stata segnalata la morte del dottor Samuel Viloria, direttore dell’Ospedale universitario di Zulia. Da allora sono morti 82 operatori sanitari, secondo l’organizzazione “Médicos Unidos de Venezuela”. Ma il dato è ancora più scioccante, poiché queste statistiche confermano che ogni 24 ore muore un lavoratore del settore sanitario nella nazione sudamericana.
L’informazione è stata confermata anche dal deputato José Manuel Olivares, medico e commissario presidenziale per l’emergenza del governo ad interim di Juan Guaidó: “Il personale sanitario in Venezuela ha 30 volte in più il rischio di contrarre infezione e ha 11 volte di più possibilità di morire di Covid-19”.
E i dati reali della pandemia in territorio venezuelano sono un mistero. Il regime mostra cifre che non corrispondono al comportamento del virus cinese nella regione, quindi “pensiamo che la sotto-registrazione sia intorno al 60%. Stiamo lavorando in profondità per avere il numero reale e stiamo già assistendo all’aumento della mortalità generale, con decessi e certificati di morte nelle case dei venezuelani”, ha detto Olivares in un video che ha pubblicato in rete.
Questi dati di alta mortalità nel personale sanitario in Venezuela sono il risultato di due decenni di Socialismo del XXI Secolo, che hanno lasciato un sistema sanitario in rovina. “Negli ospedali non ci sono materiali di biosicurezza, non c’è acqua, non ci sono rifornimenti”, ha detto Carlos Salazar, coordinatore della Coalizione Sindacale Nazionale, denunciando anche l’inesistenza di quei rifornimenti che sarebbero entrati nel Paese attraverso gli aiuti umanitari.
“Non si sa cosa ha fatto la Croce Rossa con quei rifornimenti che sono arrivati, non si sa cosa fanno con gli aiuti umanitari che arrivano in Venezuela, ma non ci sono negli ospedali. Chiunque entri in un ospedale può contrarre il Coronavirus, chiunque si rechi in un ospedale per essere curato per un altro tipo di malattia ha paura di contrarre il virus. Prima del Coronavirus, gli ospedali erano in rovina; in più il personale medico è mal pagato, per cui ha lasciato il Paese, gli infermieri hanno lasciato il Paese, e dobbiamo stare attenti perché intendono creare infermieri express e medici express”, ha segnalato il leader sindacale.
A tal proposito, il presidente della FMV ha sottolineato che questa situazione ha costretto i presidenti degli ordini a livello nazionale a chiedere al governo di Nicolás Maduro la dotazione definitiva e permanente dei 301 ospedali del territorio. “Il 90% degli ospedali non ha acqua, non ha sapone, non ha detersivi. Non ci sono strumenti per pulire le zone pubbliche, nemmeno le maniglie delle porte. E naturalmente, per il personale sanitario, chiediamo attrezzature di biosicurezza: occhiali, maschere chirurgiche speciali e non quelle di stoffa che il governo raccomanda e che sono inutili”, ha detto.
Mentre la pandemia si diffonde in terre venezuelane, il regime risponde con la repressione e la censura. “La diffusione della malattia sta raggiungendo un punto in cui il numero di casi supererà il numero di test che possono essere effettuati al giorno. La verità è che hanno raggiunto la loro massima capacità di fare tamponi e proveranno a dirci, a dire al mondo, che c’è un appiattimento”, ha avvertito il deputato.
José Manuel Olivares è sempre in prima linea nella denuncia delle carenze del settore sanitario, cosa che gli è costata una feroce persecuzione che lo ha portato all’esilio. Il 24 dicembre ha denunciato perfino minacce tramite il suo account Twitter: “Quando Jorge Rodríguez fa girare questa foto (la sua foto con la scritta “ricercato”, ndA) sulla televisione nazionale, cosa significa? Vuole sequestrarmi come Juan Requesens (prigioniero politico)? Torturarmi o uccidermi come hanno fatto con il capitano Arévalo o con Fernando Albán?”, ha commentato in un tweet.
Un tempo la repressione era riservata ai dissidenti politici, ma ora è arrivata anche al personale sanitario. Secondo Amnesty International, il Venezuela è l’unico Paese della regione che ha arrestato operatori sanitari e li ha presentati ai tribunali militari e civili. Ad oggi, almeno 12 operatori sanitari sono stati arrestati durante la pandemia, compresi molti che nemmeno sono stati informati delle accuse contro di loro.
Il presidente della Federazione Medica Venezuelana ha confermato che gli operatori sanitari hanno molta paura di dire cosa sta succedendo negli ospedali. “Quello che sta accadendo è molto triste e molto complicato, ci sono molti pazienti con infezione virale e non possiamo verificare se si tratta di Covid-19, perché c’è un solo centro nazionale che dà la diagnosi, ma è controllato dal governo nazionale. Ci sono reali pressioni contro il settore sanitario per evitare che le informazioni fluiscano in modo veritiero e reale”, ha detto.
È opportuno ricordare che il 50% dei medici venezuelani è fuggito dal Paese, lasciando il Venezuela con scarse risorse umane per affrontare la pandemia. Un esodo avvenuto nel contesto dell’emergenza umanitaria e della crisi dei diritti umani che la nazione sudamericana soffre da alcuni anni e che ha fatto fuggire 5,2 milioni di persone. Gli operatori sanitari che sono rimasti guadagnano tra i 4 e i 18 dollari al mese e spesso devono anche camminare per più di 10 km per andare al lavoro, perché non possono permettersi di pagare il trasporto pubblico o per la scarsità della benzina.