Il Consiglio permanente dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) ha aperto il dibattito sulla crisi venezuelana approvando la valutazione del “caso Venezuelano” in base all’articolo 20 della “Carta Democratica Interamericana”, ma ha concluso la sessione straordinaria dello scorso giovedì senza ancora prendere una ferma decisione contro il governo di Nicolas Maduro.
di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
Per attivare la Carta Democratica in una situazione come quella del Venezuela, dove il governo è decisamente contrario a questo provvedimento, il Consiglio Permanente dell’OSA doveva decidere a maggioranza (18 voti) che nel Paese centramericano sussiste un’alterazione dell’ordine democratico. Ciò non è accaduto giovedì: si è deciso di prendere solo atto del “grave” stato del Paese, valutare la situazione e formare un «gruppo di amici» che si uniscono agli sforzi di “dialogo” guidati dall’ex presidente spagnolo Rodriguez Zapatero. Iniziativa che ha ricevuto numerose critiche per la sua evidente complicità con il governo di Maduro.
“L’obiettivo non è quello di punire o sanzionare il Venezuela”. Lo ha detto il Segretario Generale dell’OSA, Luis Almagro, sottolineando che “siamo qui per sostenere e aiutare uno Stato membro per tornare al percorso della democrazia”. Almagro ha messo in evidenza la necessità di un’azione più energica degli Stati dell’Americhe per garantire il rispetto dell’ordine democratico in Venezuela e ha fatto una radiografia del baratro venezuelano. Che la Nuova BQ è in grado di riassumere in pillole.
Il governo “chavista” è noto per la corruzione endemica. Un recente studio condotto dalla Commissione di Vigilanza e Controllo del Parlamento venezuelano ha segnalato la sua preoccupazione per la spesa pubblica, pari a 69.000 milioni di dollari, per presunta corruzione. Due ex membri del gabinetto del defunto presidente Hugo Chavez si sono lamentati per la scomparsa dei proventi petroliferi nell’ordine di 300.000 milioni di dollari. Transparency International colloca il Venezuela al 158 °posto tra i 168 paesi valutati in materia di corruzione, la posizione più bassa in America. “I paesi che sono al di sotto, vale a dire la Somalia, la Corea del Nord, Afghanistan, Sudan e Iraq sono i regimi illegittimi o paesi devastati da guerre prolungate”, ha sottolineato Almagro.
Ma non solo, anche per la persecuzione politica e la censura. “In Venezuela, i media sono regolarmente soggetti a procedure penali e amministrative. È comune la caccia a chi si azzarda a pubblicare notizie e articoli con una visione critica del governo, creando un ambiente di autocensura”. Il rapporto spiega anche altri meccanismi di censura molto comuni in Venezuela: le licenze di trasmissione sono controllate a discrezionalità del potere e l’azienda di proprietà statale “Corporación Maneiro” controlla la fornitura della carta da giornale. Di conseguenza i proprietari dei media privati, stremati da difficoltà economica e persecuzione, sono stati costretti a vendere le loro proprietà agli uomini d’affari legati al governo. Adesso i media venezuelani mostrano una copertura mediatica favorevole al governo, mentre il paese soccombe nel caos generale.
“Un governo con prigionieri politici non è democrazia”. Lo ha allertato Luis Almagro al conclave di paesi OSA. “In Venezuela si usano i tribunali come arma di persecuzione politica e le proteste pubbliche sono spesso represse con forza eccessiva. A gennaio 2015, tramite un decreto presidenziale, è stato autorizzato esplicitamente l’uso di armi da fuoco per controllare incontri pubblici e manifestazioni pacifiche. Questo contraddice direttamente la Costituzione del Venezuela. Nel 2013, quando il presidente Nicolas Maduro ha assunto l’incarico, c’erano 11 prigionieri politici (secondo il Foro Penal Venezolano, Ong di difesa delle vittime di persecuzione politica). Tra il gennaio 2014 e il 31 maggio 2016, sono stati segnalati 4.253 detenzioni, arresti o fermi. Tutti collegati a varie proteste e critiche nei confronti del governo del Venezuela. Attualmente ci sono 1.986 persone con processi penali aperti e altre 94 sono in carcere. Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma sono tra questi”.
Sono anche inquietanti le denunce di violazione dei diritti umani in Venezuela. Il rapporto del Segretario Generale dell’OSA evidenzia la tendenza dittatoriale del governo di Maduro, enumerando diversi casi da film dell’orrore. In più, il gruppo di lavoro dell’ONU sulle detenzioni arbitrarie ha riscontrato più di 300 casi di detenzioni irregolari in Venezuela. E non solo, dal 2014, il Foro Penal Venezolano ha denunciato 145 casi di trattamenti inumani e degradanti, compresa la tortura.
I tassi di violenza e di criminalità hanno raggiunto livelli record. “Le statistiche ufficiali del governo, che non vengono pubblicate regolarmente, indicano 58,1 omicidi per ogni 100 mila persone nel 2015. La società civile invece ha registrato 90 omicidi ogni 100 mila persone. Nel 2015, il numero di morti violente era maggiore in Venezuela rispetto a quello registrato in Afghanistan e la completa mancanza di fiducia negli apparati di sicurezza dello Stato serve da incentivo per le comunità per farsi giustizia con le proprie mani”.
Il Venezuela è in un perpetuo stato di guerra civile. “La polizia, la Guardia Nazionale, i giudici, il Pubblico Ministero e il personale carcerario, sono coinvolti tacitamente o esplicitamente nella criminalità organizzata, tra cui sequestro di persona, omicidio, rapina o traffico di droga. La forza paramilitare, istituito dal governo per reprimere il crimine organizzato, è stato accusato di esecuzioni sommarie. Non ci sono dati ufficiali sulle persone uccise dalle forze di sicurezza. Negli ultimi quattro anni sono stati uccisi 1.320 membri delle forze di polizia e militari; di questi, il 75% non erano in servizio al momento della loro morte. Quest’anno dal I gennaio sono già stati segnalati più di 109 morti di membri delle forze di polizia e di sicurezza”.
Almagro ha allertato che la crisi venezuelana sta raggiungendo un punto cruciale: l’inflazione è arrivata al 720%, il PIL è calato dell’8% nel 2016, il debito estero ha raggiunto i 130 mila miliardi (l’equivalente di quasi sei anni di esportazioni di petrolio), il paese occupa il nono posto per il peggior tasso di disoccupazione globale, il 73% delle famiglie e il 76% dei venezuelani hanno vissuto in povertà nel 2015. Il salario minimo è di circa 13.75 $ al mese, quindi meno di 50 centesimi al giorno (a seguito del dodicesimo aumento, da quando il governo è stato eletto nel 2013). Il fallimento del tipo di cambio controllato ha causato il 99% di perdita del valore della moneta dal 2013.
Ma al di là delle cifre economiche, più allarmante è la crisi umanitaria in atto. “La popolazione sta affrontando una carenza di cibo e medicine superiore all’80%. Le farmacie possono soltanto fornire 7 di ogni 100 medicamenti richiesti. Servono 16 salari minimi per riuscire ad alimentare correttamente una famiglia e l’87% dei venezuelani dichiarano di non avere abbastanza soldi per comprare il cibo di cui hanno bisogno. Un quarto della popolazione vive con meno di due pasti al giorno”.
Questi problemi tuttavia non sono causati da forze esterne, come costantemente ripeteva in vita Hugo Chavez, oggi copiato dal suo delfino Nicolas Maduro. “La situazione che affrontano i venezuelani oggi è il risultato delle azioni di chi è stato al potere. Il Venezuela potrebbe e dovrebbe essere uno dei paesi più prosperi e influenti nella regione. Piuttosto è uno Stato afflitto da corruzione, povertà e violenza”, ha affermato Luis Almagro.
La bomba ad orologeria diventa più pericolosa ogni giorno. Sono stati segnalati più di 250 casi di saccheggio quest’anno, di cui l’81% accaduti durante il trasporto del cibo. Il restante 19% si è verificato in centri commerciali e magazzini. “Martedì scorso, mentre eravamo riuniti in occasione dell’Assemblea Generale nella Repubblica Dominicana, a Cumana, più di 100 negozi sono stati saccheggiati e distrutti”, ha detto Almagro e ha riferito di almeno tre morti in questi ultimi giorni. Questo include la tragica morte di una bambina di quattro anni in una sparatoria fuori da un mercato, a Guatire.
È evidente che in Venezuela c’è una «alterazione costituzionale che colpisce gravemente l’ordine democratico”. Lo ha affermato il Segretario Generale dell’OSA, sottolineando il costante scontro di potere tra il Parlamento di opposizione eletto a dicembre 2015 e la Corte Suprema di Giustizia, il braccio di ferro di Maduro. “La Corte Suprema ha limitato le funzioni del potere legislativo, ha emesso una decisione ufficiale il 14 giugno per limitare i poteri dell’Assemblea nazionale, sostenendo che sta tentando di usurpare le funzioni del potere esecutivo”. Secondo Almagro l’attivismo della Corte suprema pro Maduro è esploso da febbraio a marzo 2016: si sono registrati 252 sentenze chiaramente favorevoli al governo “chavista”. È chiaro lo scontro di poteri e la mancanza di indipendenza del potere giudiziario.
Ma l’OSA non è stata all’altezza dell’emergenza che vivono i venezuelani. Mentre sopravvivono al caos assoluto e rischiano ogni giorno la vita, la diplomazia latinoamericana ancora perde tempo tra “gruppi di amici” e finti “dialoghi”. Come si fa a dialogare con un dittatore? Questa è la domanda senza risposta che si fanno i venezuelani. Nel frattempo la diplomazia non trova il cammino giusto per stare all’altezza del dramma di questo popolo sudamericano. I venezuelani lottano tentando di superare ogni ostacolo creato dal Consiglio Nazionale Elettorale (un altro attore pro Maduro), per riuscire a convocare il Referendum Revocatorio del mandato del presidente, peraltro un diritto costituzionale. «Se si è neutrale in situazioni di ingiustizia, hai scelto essere della parte dell’oppressore», è la frase di di Desmond Tutu ricordata da Almagro durante il suo intervento.