Papa Francesco sarà in Armenia il 24, 25 e 26 giugno prossimi, nel corso del suo XIV pellegrinaggio internazionale, ma questa volta si recherà nel primo paese cristiano. Un evento storico e di grande simbolismo, non solo per il suo significato ecumenico: il viaggio avviene dopo l’iniziativa di parlare apertamente del genocidio armeno lo scorso 12 aprile. Per comprendere meglio questa ex repubblica sovietica con antichissime radici culturali (600 AC), la Nuova BQ ha intervistato padre Krikor Robert Badichah, il vicerettore del Collegio Armeno di Roma.
di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA
Ci racconta l’Armenia che troverà Papa Francesco?
Questa visita di Papa Francesco è un pellegrinaggio alle sorgenti della fede. Il popolo armeno è stato il primo popolo nel mondo ad adottare la fede cristiana, nel 301 con Gregorio Illuminatore, San Gregorio, questo grande patriarca che ha sofferto molto; quindi il popolo armeno è stato il primo popolo a seguire Gesù, a intraprendere questo cammino con Gesù, pur sapendo che questo cammino non sarebbe stato facile… In questo viaggio (il Papa) incontrerà una popolazione molto ricca di fede, che sa difendere la sua presenza con il sangue. Incontrerà una popolazione ricca di cultura e anche di speranza nel futuro. Ovunque sarà ben accolto, vedrà una popolazione molto accogliente, sia a Echmiadzin, la sede Apostolica, sia a Gyumri, la seconda città dell’Armenia, dove vedrà (sabato 25 giugno) la piazza Vartanants stracolma di armeni cattolici che verranno da tutto il mondo per ascoltare questo messaggero della pace.
Gli armeni hanno profonde ferite. Una storia di persecuzioni e stragi, sia per motivi religiosi, sia per il nazionalismo: questi orrori come hanno influenzato la fede del popolo?
Direi che la storia del popolo armeno, soprattutto di questi ultimi 100, 120 anni, è stata una storia dolorosa, una storia sanguinosa ma allo steso tempo gloriosa. Mi viene in mente la parola di Papa Pio X perché nel 1911 vi fu un Sinodo Nazionale della Chiesa Armena Cattolica qui a Roma. Papa Pio X, rivolgendosi ai vescovi presenti in quel Sinodo, disse queste parole: “la Chiesa è una Chiesa perseguitata. Se non ci fosse questa persecuzione, la Chiesa cesserebbe di essere la Chiesa di Gesù Cristo e perderebbe la sua autenticità”. Queste parole contengono un messaggio profetico perché proprio 4 anni dopo, nel 1915, il popolo armeno subirà un grande male, un genocidio, lo sterminio di una intera popolazione, un milione e mezzo di armeni massacrati.
Oltre a quello vi fu il massacro culturale. Furono distrutte centinaia di chiese, di scuole, di seminari… le suore vennero trucidate, e anche il vescovo della città Mardin venne martirizzato e poi fu beatificato da Papa Giovanni Paolo II, nel 2001. E tanti altri vescovi e sacerdoti furono massacrati. Malgrado tutto questo direi che il popolo armeno crede sempre nella risurrezione di Cristo; quindi nella diaspora ha ricostruito chiese, scuole, ha potuto superare gran parte delle sue difficoltà, anche se il genocidio ancora non è riconosciuto da tanti paesi, soprattutto dalla Turchia. Questa rimane una ferita perché La Turchia deve saper chiedere perdono a un popolo che ha subito un genocidio, come ultimamente la Germania ha riconosciuto.
Portiamo anche le ferite di 70 anni di comunismo in Armenia che ha avuto il suo impatto, direi più negativo che positivo, sulla popolazione. La popolazione armena ha subito anche una persecuzione da un paese cristiano, ecco perché è una ferita molto profonda per noi. Questa volta non venne commessa dall’Impero Ottomano o da musulmani, ma da un paese “cristiano”. L’impatto si vede tuttora nella popolazione, perché una parte di essa non sa farsi il segno della croce. Tanti non sanno accostarsi alla Comunione in chiesa, quando ricevono il corpo di Gesù Cristo lo prendono in mano e non sanno cosa devono fare e questo credo sia l’effetto di un regime che ha fatto tanto danno alla chiesa armena. Adesso il ruolo del clero è di rieducare questa nuova generazione e portarla alle sorgenti della fede dei primi secoli, soprattutto perché in questi ultimi anni vediamo la crescita di tante sette, come i testimoni di Geova.
Secondo lei, quali saranno i frutti di questo viaggio?
Questa visita di Papa Francesco è una visita soprattutto di carattere ecumenico, sarà sempre ospite di Karekin II e questo è già un segno molto positivo. Sarà sempre in un ambiente accogliente ma direi che questa visita è molto importante non solo per la Chiesa armena apostolica (la chiesa pre-concilio di Calcedonia del 451, ndr) ma anche per la Chiesa armena cattolica. Porterà molta gioia alle persone che verranno ad incontrare Papa Francesco, soprattutto alla Santa Messa in cui è prevista la presenza di più di 20-30 mila armeni cattolici in piazza a Gyumri. Sarà molto importante l’incontro tra la Chiesa romana e la Chiesa armena perché ribadisce che il legame tra le due chiese è stato sempre forte. Ci sarà una delegazione della Chiesa armena cattolica con la presenza del patriarca Gregorio Ghabroyan XX. Si tratta di un legame storico, da quando l’Armenia è diventata cristiana, il patriarca Gregorio Illuminatore venne a Roma e incontrò Papa San Silvestro. Credo che un frutto molto importante sarà la dichiarazione comune, come quella che fu tra Catholicos Karekin I e Papa Giovanni Paolo II, nel 2001, nella quale si è dichiarata una fede comune, cioè che non c’è una differenza di fede tra la Chiesa armena e la Chiesa romana: questa è una verità, e sarà un segno molto importante per l’unione che speriamo, un giorno, vi sarà tra le due Chiese…