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Quei rivoluzionari sudamericani in Vaticano

img-_innerart-_pugni-chiusiDallo scorso mercoledì 2 novembre, il Vaticano ospita il terzo Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari. Oltre 170 delegati di 65 paesi del mondo si sono riuniti a Roma per dialogare sul diritto alla terra, alla casa e al lavoro. L’obiettivo? “Dare ai poveri, ai movimenti di base, la possibilità di conoscersi e dialogare, per divenire essi stessi protagonisti di quel cambiamento che tutti auspichiamo”, secondo quanto ha detto il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, durante l’apertura dell’incontro.

di MARINELLYS TREMAMUNNO per LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA

“Papa Francesco ha detto di voler piantare la bandiera dei movimenti popolari in Vaticano”, ha affermato Turkson. Ma cosa significa? A prima vista sembra una bella idea di integrazione, molto allineata con l’invito del pontefice di creare una Chiesa che guardi alle periferie. Invece bisogna approfondire e guardare oltre le parole. Soprattutto quando si tratta di un evento a sfondo più politico che pastorale. Non a caso, Juan Grabois, uno dei pilastri degli incontri, ha dato istruzioni ai delegati partecipanti di non parlare con i giornalisti, perché “manipolano le cose che diciamo”, come si può vedere nel video fatto in diretta su Facebook.

Dimmi chi sono i tuoi amici e ti dirò chi sei. Juan Grabois è un avvocato argentino, co-fondatore del Movimento dei Lavoratori Esclusi e della Confederazione di Lavoratori dell’Economia Popolare (CTEP) in Argentina. Uomo di fiducia di Jorge Mario Bergoglio, da quando era arcivescovo di Buenos Aires; poi a Roma il Santo Padre gli ha affidato l’organizzazione degli incontri dei movimenti popolari. E da giugno è diventato consulente di Giustizia e Pace del Vaticano.

Juan Grabois è dichiaratamente un militante marxista. “Non nasconde la sua ammirazione per la rivoluzione russa del 1917 e Vladimir Lenin”, si legge in un articolo di Pedro Maria Gomez sul blog “elquijotesiglo21.blogspot.it”, aggiungendo che il consulente vaticano è anche un grande ammiratore di Hugo Chávez: “Grabois sogna l’utopia di grandi cambiamenti sociali, ribellioni e di governi popolari, in stile cubano e venezuelano”. Infatti i testi scritti proprio da Grabois confermano il suo amore per il socialismo del XXI secolo. Basta dare uno sguardo alla serie di libri che ha scritto assieme a Emilio Persico, segretario di agricoltura famigliare del governo di Cristina Fernandez Kirchner per confermare il suo orientamento politico. Ma non solo, in rete gira una sua foto che lo ritrae con la maglietta del “Che” e, in mano, una tazza con l’immagine di Papa Francesco.

Nel comitato organizzativo c’è anche João Pedro Stédile, leader del movimento brasiliano MST (Movimento dei lavoratori rurali senza terra). Un altro combattente di ideologia marxista che è arrivato fino al Venezuela l’anno scorso a dare il suo appoggio al regime di Nicolas Maduro: “Siamo venuti qui per dire che ogni volta che abbiamo dubbi ci rivolgiamo al pensiero, all’esempio del comandante Chávez… Siamo venuti qui per arricchirci dei pensieri e degli ideali del comandante”, ha detto durante l’atto di commemorazione del secondo anno di morte dell’ex presidente del paese sudamericano.

Abbiamo visto Evo Morales attivo partecipe nei primi due incontri. Durante il primo, sarebbe da ricordare la polemica visita del presidente della Bolivia a Santa Marta nell’ottobre del 2014, poiché non è stata organizzata tramite i canali diplomatici abituali, e hanno tentato di mantenere sotto profilo la sua presenza a Roma. E rimarrà per la storia la foto dell’evento del secondo incontro fatto in Bolivia lo scorso 2015: il Papa era sorridente accanto di Evo Morales, chi portava una giacca con l’immagine del “Che Guevara” e il pugno chiuso in alto. E quest’anno, è stata la volta di “Pepe Mujica”, ex guerrigliero, ex presidente dell’Uruguay, molto amato dalla sinistra europea.

“Le ideologie sempre finiscono in dittatura”, ha detto Papa Francesco in Paraguay, durante il suo viaggio in Sudamerica. Oggi invece in Vaticano viene accolto un evento di chiara impronta ideologica. È vero, la Chiesa non può rinunziare alla carità e alla difesa dei più poveri, ma lasciando da parte ogni strumentalizzazione politica.

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